comune di certaldo laboratori comunali arti visive
colore = natura/pensiero
certaldo alto palazzo pretorio 17 marzo – 7 aprile 1985
testo critico lara-vinca masini
giancarlo bargoni
piero dorazio
walter fusi
riccardo guarneri
paolo masi
claudio olivieri
achille perilli
sergio sermidi
valentino vago
claudio verna
Abbiamo già avuto modo di dire nelle “note ai cataloghi” delle diverse manifestazioni artistiche proposte nel corso di questi anni, che consideravamo essenziale l’informazione sul laboratorio dell’arte contemporanea per un ‘articolata politica culturale. Ne siamo ancora convinti.
Tuttavia crediamo venuto il tempo per gli Enti Locali di ripensare i modi di attuazione di quel “servizio”. Se, cioè, anche qui, in questo territorio, non sia il caso, ormai, di progettare un vero e proprio sistema dell’informazione sull’arte, piuttosto che continuare in una pratica, in fondo aleatoria.
Problema politico, prima ancora che culturale; di scelte che implicano, a loro volta, una seria riconsiderazione dell’uso dell’immenso patrimonio storico-artistico di cui siamo dotati, sui modi della sua gestione, anche; di decisioni sul significato di politica culturale, industria dello spettacolo, educazione permanente …
Problemi di sempre, si dirà; un modo come un altro per continuare la pratica del rinvio, altri aggiungerà. Forse, concludiamo da parte nostra, se affideremo ancora questi problemi all’effimero dei “dibbattiti”, e non alla durezza della politica.
Altro non ha senso.
Assessore alla cultura Andrea Spini
COLORE = NATURA/PENSIERO
«Franz Marc, nel 1915, a pochi mesi dalla morte in guerra, scriveva: “Ho ripreso un pensiero solitario, posato come una farfalla nel cavo della mia mano; il pensiero che siano già vissuti uomini primordiali che amavano l’astratto come noi … La nostra volontà europea di giungere alla forma astratta, altro non è se non la nostra più alta coscienza, la risposta e la vittoria nostra sullo spirito sentimentale. L’uomo primitivo non aveva sentimentalismi, quando amava l’astratto”.
Ma il filo più diretto per la ricerca sullo spazio – colore – luce si riporta alle avanguardie russe (ma più al Suprematismo di Malevic e a certo Kandinskij che non al Costruttivismo di Tatlin); dall’altro lato sarà più Klee che non Mondrian a fornire punti di partenza.
Riferimenti che si danno, peraltro, solo come allusivi, come fatti analogici lontani, mentre, se il discorso vuol farsi su un piano di più diretta impostazione critico – culturale, occorrerà riportarsi ad una delle due definizioni dell’Espressionismo astratto, quella che ha il suo attacco più diretto nell’astrattismo contemplativo, misticheggiate, legato ai mòduli delle filosofie orientali, della Scuola del Pacifico (Rothko, Newman) che continuerà nella pittura ‘fredda’ – e ‘minimal’ di Reinhardt, e che, in contrapposizione con l’Espressionismo gestuale, 4caldo’, della scuola di New York (Pollock …), può definirsi globalmente sotto la denominazione di ‘fredda’. Ma anche in questo caso il discorso si fa complesso perché questa particolare configurazione di astrattismo si definirà in maniera più diretta nel secondo dopoguerra in Europa (naturalmente con caratteri diversi), differenziandosi sia dalle correnti razionalistico-geometriche astratto-concrete, di derivazione da Mondrian e dal Bauhaus, sia dalle correnti irrazionalistiche dell’Informale europeo e dell’astrattismo naturalistico post-cubista (e picassiano) di un certo settore della Ecole de Paris e di molte esperienze astratte ‘nazionali’ (in Italia, in Germania, in Francia …). E già il ricorso al termine ‘concreto’ ci riporterebbe ad una interpretazione esclusivamente razionale, geometrica del concetto (sebbene da “Revue A.C. – Art Concret” di Van Doesburg, pubblicata a Milano nel 1930, alla poetica del MAC – Movimento Arte Concreta del 1948 a Milano, il discorso si sia notevolmente complicato). E allora in che ordine si dovranno collocare i riferimenti più vicini a questo tipo di operazione, che tenta di collocarsi fuori dalla linea del postpositivismo razionalistico? Si va da Albers, in America, alle textures dinamico-luminose di Dorazio, in Italia, a certe riprese di liricizzazione di superfici desunte, in Licini, da Klee, a certo monocromo (anche, al limite, di Manzoni e di Fontana), alle ricerche sullo spazio luce (nei retini e nelle aniline) di Lo Savio, a tutto un tipo, di ricerca portata avanti nei paesi nord-europei …
E allora, forse, varrebbe la pena di chiarire in che cosa si distingue questo tipo di operazione pittorica da quello astratto-concreto, al quale, comunque, si rifa come ascendenza diretta; direi che la caratteristica più esclusiva di questa ricerca è nella impostazione mentale, aprioristica, del problema formale in un fattore determinante che può ascriversi sotto la formula dell’ambiguità.
È da questa impostazione di base che derivano, come corollari, tutte le caratteristiche aggiunte; che potrebbero essere elencate, di seguito, come componenti essenziali: la libertà di immaginazione fantastica, il ricorso alla sensibilizzazione; il piano usato come struttura aperta e dilatabile; la contemplatività; l’emotività; la luce interpretata come fattore dinamico; il colore usato in funzione di quantizzazione luminosa …». Questo tentativo di sintetizzare, per sommi capi, le linee di un settore della ricerca ‘astratta’ contemporane risale al ’73, quando presentavo una rassegna internazionale organizzata da Peccolo a Livorno, “Tempi di percezione’.
Gli artisti che si presentano oggi, per questa nuova rassegna sul “colore” non sono, tranne che nel caso di Guarneri e Verna, gli stessi.
Ma i nove che si presentano oggi si sono riuniti per loro volontà, non sono stati scelti secondo una categorizzazione e in nome di una etichetta critica, ma, oltre che per una relativa affinità generazionale, per la sola e unica ragione che il colore, considerato come sinonimo di luce-spazio, è stato, da sempre, lo strumento e il fine ultimo della loro ricerca.
E si tratta, per tutti, di un colore che è, allo stesso tempo, fisico e mentale, ‘naturale’ e psicologico, come lo spazio che lo individua.
Questo è vero quando si tratta della “pittura come dimensione intima” di cui parla Dorazio, di quella sua “luce” che, scrive Ungaretti “è anche concentrazione e fissazione su un punto di luce riaffiorato da abissi, iterato all’infinito. Così si può secernere il miele delle ore” (è già apparso il concetto di tempo); Dorazio “con i suoi clamori stellari, con le sue piattonate di colori luciferini” …
È vero per il segno siglato e criptico di Perilli; per la sua nitida, scandita, lucida ambiguità; la sua “scatola cinese” (Meneguzzo).
E identico è il significato di quel “colore come quinto elemento” (colore, insieme, ‘naturale-fisico’ e psicologico) di cui parla Olivieri (“Bisogna che il colore diventi il quinto elemento, dopo la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco”);
E la grafica brulicante di Masi, che stempera in sequenze e coagulazioni di segni minuti, allusivi alla sua precedente ricerca analitica sui materiali, non è forse materia-colore, capace di trasporsi in spazio-tempo a mezzo della luce?
E le “filigrane-riverberazioni meridiane”, quel colore “come affezione, come pietas” di Sermidi, che fa pensare allo spazio dilatato di campi arati, colpiti dal sole radente non è, anche questo, colore fisico e insieme mentale?
Anche lo spazio-luce di Guarneri è spazio cromatico mentale, recuperato attraverso le vie più dilatate e astraenti della ricerca concettuale.
Così come mentale e psicologica è quella “carica di immaginario e fantastico” che Bargoni “cerca di rendere percepibile e comunicabile” attraverso la pratica del dipingere, espressa nel fitto assieparsi del segno.
E si pensi allo spazio atmosferico, “catodoco”, di Vago, che oggi egli arriva a diffondere nello spazio-ambiente, trasformando in mentale, immateriale, fantastica, la condizione materiale del ‘qui oggi”.
Verna, che struttura in segni dinamici, vagamente allusivi ad una “idea” di immagine, la libera configurazione del quadro, traspone il simbolismo del colore-segno, di chiaro riferimento all’Abstract Expressionism, in una distesa, trasparente atmosfera.
Ciò che è anche, chiaramente, espresso, nel recupero del segno-colore, in segnali “strappati” e vibranti, nel lavoro di Fusi.
Ma è vero anche che nessuno di questi artisti che lavorano, da sempre, in questa direzione, si è chiuso in una sua “torre d’avorio” ma, di volta in volta, ha confrontato il suo lavoro, non tanto con tutto quello che le affioranti e veloci “novità” immettevano sul mercato dell’arte, secondo le esigenze di un sistema implacabile ed esigente, quanto con il continuo affiorare delle nuove conquiste della cultura tecnico-scientifica, con quei “media” che vengono, velocemente, a far parte della vita quotidiana (dal laser all’elettronica avanzata). E, nel generale recupero, nel riesame urgente della storia, che caratterizza questo nostro momento, la loro ricerca si è rivolta alla propria storia passata, di cui riesaminano, in una consapevole analisi critica, e mettono in discussione, le varie fasi, non certo per rifiutarle, ma per attualizzarne, sperimentandole alla luce del presente, quelle “valenze” tuttora operanti e attive, in una sorta di lucida, e allo stesso tempo poetica e traslata, autorigenerazione.
Lara – Vinca Masini