Il Tabernacolo di san Felice in Piazza restaurato

SCHEDA STORICO ARTISTICA

di Lorenzo Manzani

Un grande tabernacolo seicentesco raffigurante l’Annunciazione orna la parete del palazzo tra piazza S.Felice e piazza Pitti.  La scelta del soggetto è forse da ricondursi alla rappresentazione dell’Annuncio a Maria che durante il Rinascimento, il 25 marzo, si svolgeva nella vicina chiesa di S.Felice in Piazza: si tramanda che nel 1439, durante il Concilio per l’unione con la Chiesa d’Oriente, l’episodio evangelico fu rievocato all’interno della chiesa in modo spettacolare per mezzo di macchinari scenici,detti “ingegni”, progettati da Brunelleschi, e che vi parteciparono personaggi reali nel ruolo di figuranti.

Questa sacra rappresentazione “vivente” fu commissionata dalla Confraternita di Santa Maria Annunziata e dalla Compagnia dei Laudesi di Nostra Donna. La chiesa di S.Felice in Piazza, che esisteva già nel 1066, passò nel 1153 ai Benedettini del monastero di S.Silvestro di Nonantola, dopodiché nel 1413 pervenne ai Camaldolesi: questi commissionarono dei lavori di restauro che, mantenendo la struttura gotica, modificarono le cappelle absidali, su progetto di Michelozzo, a cui si deve anche la facciata rinascimentale, realizzata negli anni 1457-60.  Nel 1557 la chiesa passò alle suore domenicane del vicino monastero di S.Pietro Martire, situato in via de’ Serragli, nel frattempo soppresso, che la mantennero fino al 1788. A sinistra della chiesa, nell’edificio adiacente, le religiose istituirono il nuovo convento di S.Pier Martire, che nel XVIII sec. ospitò anche un conservatorio  per  le  cosiddette  “Malmaritate”,  donne che vivevano in condizioni di povertà, separate o abbandonate dai mariti. Sulla parete di questo antico convento, che oggi è divenuto una scuola, è stato dedicato un monumento ai caduti della prima guerra mondiale, con una Pietà in bronzo realizzata nel 1924 da Luigi Luparini.

Al centro della piazza, su cui si affacciano la chiesa e il tabernacolo, è presente un’antica colonna,fatta erigere nel 1572 da Cosimo I de’ Medici, a seguito della vittoria del 1554 nella battaglia di Marciano-Scannagallo contro le truppe franco-senesi.

Nelle intenzioni di Cosimo alla sommità della colonna doveva essere posta una statua della Pace, ma il Granduca morì prima che l’opera fosse commissionata e il fusto della colonna rimase in loco, privo del suo ornamento, fino al 1838, allorché fu  fatto togliere da Leopoldo  II  di  Lorena  per  rendere  più  spazioso  quel  luogo,  salvo poi essere ricollocato nel 1992.

In piazza S.Felice confluiscono due strade importanti: via Romana, che conduce a Porta Romana, e via Maggio, cioè “Maggiore”, strada di grande rilevanza, fiancheggiata da importanti palazzi storici appartenuti alle nobili famiglie fiorentine,un tempo frequentemente percorsa dai cortei principeschi. All’angolo tra via Mazzetta, piazza S.Felice e via Maggio si trova Casa Guidi: passato dai Ridolfi ai Guidi, questo palazzo tra il 1847 e il 1861, fu la dimora del poeta inglese Robert Browning e di sua moglie, la poetessa Elizabeth Barrett Browning: a lei sono dedicate  le due lapidi poste sulle facciate dell’edificio, a ricordo della sua presenza a Firenze, in particolare durante i moti risorgimentali del 1848, a cui ella assisteva dalle finestre di casa e di cui ha lasciato memoria nella sua opera Casa Guidi Windows.

Di fronte Casa Guidi si trova il palazzo su cui è posto il tabernacolo, situato proprio al bivio fra via Maggio e piazza Pitti: questo edificio, formatosi per aggregazione di più antiche case, fu un tempo di proprietà della famiglia Ridolfi, e sul lato di piazza S.Felice, prospetta una edicola di grandi dimensioni con l’affresco raffigurante la scena dell’Annunciazione, inserito in una cornice in pietra serena.  La pittura è da ritenersi eseguita nel primo decennio del XVII sec. per mano di un ignoto artista tardo manierista di scuola fiorentina, avvicinato dalla critica più recente alla cerchia di Santi di Tito, per la semplicità dell’impianto scenico, anziché all’ambito di Jacopo Chimenti detto l’Empoli, al quale inizialmente fu dal Carocci attribuita l’opera.

La Vergine, ritratta in un’ampia veste rossa e bianca e col tradizionale manto celeste, riceve, con un moto di turbamento, la visita dell’Arcangelo Gabriele che, con un enfatico braccio alzato, le dona il saluto (Lc 1,28-29); il tono di sacralità della scena, alla quale assistono in alto a destra due Cherubini, è ulteriormente ribadito dal luminoso cielo color ocra sullo sfondo.Si può ipotizzare che l’opera sia stata commissionata dai Ridolfi, antichi proprietari di tutto quell’isolato di case, o dalle vicine monache di S.Pier Martire.

Il dipinto fu più volte rimaneggiato in varie parti nel corso delle epoche successive: restaurato a metà Novecento da Renato Bagnoli e dotato un tempo anche di una pregevole lanterna, il tabernacolo torna ora a risplendere grazie allo scrupoloso lavoro di Bartolomeo Ciccone ed al generoso contributo dei Friends of Florence.

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