L’ Annunciazione di Francesco di Valdambrino
al Rijksmuseum
di Gabriele Fattorini
da: “Summaries.” Bulletin Van Het Rijksmuseum 52, n. 2, 2004
Traduzione dal testo inglese di Andreina Mancini
(articolo in costruzione)
Il gruppo ligneo dell’Annunciazione BK-17224- a-b nel Rijksmuseum (Fig. 1) sono due belle e importanti opere dello scultore e soprattutto intagliatore di legno senese (‘maestro di legname’) Francesco di Valdambrino (Siena, 1375/80 – 1435). Il gruppo è composto da due figure policrome quasi ad altezza naturale, scolpite in noce (con un pezzo di pioppo inserito nella parte posteriore) e sorrette da piedistalli ottagonali. L’elegante Vergine (altezza cm 163,5), con un lungo abito rosso stretto ai fianchi da una cintura, tiene un libro nella mano sinistra e alza la destra ad accogliere l’Angelo; il viso, incorniciato da una pettinatura raffinata e minuziosamente rifinita, ha un’espressione timida e leggermente ansiosa. Gabriele (altezza 160 cm), ora privo delle ali originarie, fa un cenno a Maria in segno di saluto; ha i capelli ricci ed è vestito da diacono con una tunica bianca ornata di decorazioni dorate e una stola d’oro; la sua posa mostra un grazioso déhanchement gotico, mentre il volto è piuttosto inespressivo .
L’intagliatore dell’Annunciazione, Francesco di Valdambrino, fu attivo durante il periodo di transizione tra il gotico e il rinascimento e – insieme ad artisti come Gherardo Starnina, Lorenzo Ghiberti, Jacopo della Quercia e Gentile da Fabriano – partecipò allo sviluppo dell’ ‘International Style’ in Toscana, facendo uso di un linguaggio personale e particolarmente elegante e naturalistico. La nostra conoscenza dell’arte di Valdambrino si basa su uno studio pubblicato da Pèleo Bacci nel 1936 (Nota 1) e si è accresciuta negli ultimi decenni grazie a una serie di importanti scoperte che hanno permesso di ricostruire gran parte della sua attività.
L’attività di Francesco di Valdambrino
Probabilmente le prime notizie sullo scultore risalgono al 1398, quando un certo ‘Francesco da Siena’ (presumibilmente Valdambrino) restaurò e in parte rifece il pulpito duecentesco di Fra Guglielmo nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas in Pistoia (Nota 2). Nel 1401, come testimoniato dai Commentarii del Ghiberti, Francesco partecipò senza successo al famoso concorso per la commissione delle porte bronzee del Battistero Fiorentino (Nota 3) e due anni dopo firmò e datò (1403) la Vergine col Bambino ora nella chiesa di Sant’Andrea in Palaia (Pisa), la sua prima opera documentata sopravvissuta (Nota 4). Questa scultura lignea mostra che Francesco formò il suo stile non a Siena, ma nel nord-ovest della Toscana, dove fu profondamente influenzato dall’elegante arte di Nino Pisano e dei suoi seguaci (Nota 5). Nel 1406/1407 Francesco era a Lucca, dove riscosse il pagamento finale per la scultura di un San Nicola da Tolentino ligneo ordinato da Giovanni Bernardi, probabilmente per la chiesa di Sant’Agostino (Nota 6). Questa scultura è oggi conservata presso il Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca. Con l’analogo e coevo Sant’ Antonio Abate della chiesa di Santa Maria in Albiano (Lucca) (Nota 7), testimonia lo stile sempre più realistico e intenso di Francesco .
Nel 1408 Valdambrino tornò a Siena e fu presto coinvolto nella decorazione della sagrestia del Duomo, ottenendo la commissione per una serie di sculture in legno: nel 1409 scolpì le figure sedute dei quattro Santi Patroni di Siena (dipinte da Andrea di Bartolo e Benedetto di Bindo) e di un Santo Bambino, nel 1410/1411 il gruppo di una Annunciazione. Nel 1410 scolpì anche un paio di piccoli Angeli dipinti da Martino di Bartolomeo per la Confraternita della Madonna ospitati nell’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. Tutte queste opere sono ora perdute, ad eccezione dei frammenti del busto di tre dei Patroni Santi – Crescentius (Fig. A), Savinus e Victor, oggi conservati nel Museo dell’Opera del Duomo a Siena. Questi indicano un ulteriore, significativo sviluppo dell’arte di Valdambrino, che si distingue per la sua notevole capacità di coniugare la grazia e l’eleganza dello stile gotico, con un nuovo naturalismo nei confronti di entrambe le pose realistiche delle figure nello spazio e l’accurata esecuzione dei loro tratti. Anche questa fase ‘gotico-naturalistica’ dell’attività di Valdambrino può essere documentata da una serie di sculture lignee contraddistinte da uno stile simile e databile al 1408-1415, come il Crocifisso nel Museo civico e diocesano d’arte sacra di Montalcino (Siena) e l’Annunciazione nel Museo d’arte sacra di Asciano (Siena) (Figg. 9, 10). La qualità di questi lavori fa di Francesco un protagonista dello ‘Stile Internazionale’ in Toscana, insieme a Jacopo della Quercia e al fiorentino Lorenzo Ghiberti (Nota 8). Del resto, Valdambrino condivideva con quest’ultimo non solo lo stesso gusto artistico, ma anche una buona amicizia, come risulta da una lettera del 1415 di Lorenzo Ghiberti allo scultore e orafo senese Giovanni di Turino (Nota 9).
I documenti rivelano come Francesco fosse una persona ben inserita nel contesto artistico di Siena negli anni 1410-1420. Ebbe rapporti di lavoro e d’affari con una serie di pittori (anche Andrea di Bartolo, Benedetto di Bindo, Martino di Bartolomeo, Vittorio di Domenico), di orafi (Ambrogio di Andrea, Turino di Sano e suo figlio Giovanni di Turino, Tommè di Vannino) e soprattutto di scultori (Nota 10). Abitava accanto all’ intagliatore Domenico di Niccolò ‘dei cori’, autore dei famosi stalli del coro della cappella del Palazzo Pubblico di Siena (1415-1428) e di un corpus di sculture caratterizzato da una severa solennità, dal semplice drappeggio verticale e dalle forti espressioni dei volti, marcate dagli occhi spalancati (Nota 11). Dal secondo decennio del decimo secolo in poi gli stili artistici di Domenico e Francesco si influenzarono a vicenda. Così l’esplorazione del naturalismo di Domenico nella composizione dell’Annunciazione nel Museo del Louvre si sposa con gli elementi di astrazione di Francesco presenti nel Sant’Ansano della chiesa di San Paolino a Lucca (1413 – 1414) e con la solennità, l’espressione intensa e gli occhi spalancati delle figure della ‘valdambrinesca’ Vergine col Bambino del Duomo di Volterra (c. 1 415) (Nota 12).
Francesco fu anche buon amico di Jacopo della Quercia, essendo suo garante davanti al governo senese per i lavori della Fonte Gaia (la grande fontana di Piazza del Campo a Siena completata nel 1419), nella quale fu coinvolto anche Valdambrino, in qualità di gestore dell’acquedotto comunale (‘operaio delle acque e dei bottini’). Negli anni intorno al 1410 lo stile vigoroso e sofisticato di Jacopo della Quercia ebbe un certo impatto su Francesco, come dimostrano la piccola Vergine col Bambino di Monteverdi Marittimo (Pisa) e la Vergine dell’Annunciazione dello Staatliche Museen di Berlino (Nota 13).
Nel 1423 Valdambrino scolpì un San Pietro ligneo per la Confraternita di San Pietro a Montalcino (ora nel locale Museo civico diocesano d’arte sacra; Fig. 18) (Nota 4). Questa solenne scultura, dipinta da Vittorio di Domenico, si distingue per i pesanti panneggi e l’espressione grave del viso (Nota 15). Probabilmente due anni dopo Francesco eseguì il Sant’Antonio Abate ligneo, ora nella chiesa di San Domenico a Siena, ma originariamente al centro di una complicata e ormai smembrata pala dipinta da Martino di Bartolomeo (presunto autore anche della policromia della scultura) per la vicina chiesa di Sant’Antonio in Fontebranda, oggi perduta (Nota 16).
Francesco morì nel 1435. Durante l’ultimo decennio della sua attività non riuscì probabilmente a raggiungere gli effetti naturalistici delle sculture scolpite intorno agli anni 1410, a giudicare dall’Annunciazione della chiesa di Santa Maria di Vitaleta a San Quirico d’Orcia (Siena), gruppo che sembra databile dopo il 1425 (Nota 17).
L’Annunciazione da Pienza ad Amsterdam
L’attribuzione al Valdambrino dell’Annunciazione del Rijksmuseum ha origine nello studio fondamentale di Pèleo Bacci ed è stata generalmente accettata dagli storici dell’arte, che tuttavia hanno dato diversi suggerimenti in merito alla sua data di esecuzione (Nota 18). Prima di affrontare questo problema. è importante riassumere la storia dell’Annunziata per spiegarne l’aspetto attuale, dovuto in parte ad un restauro effettuato intorno al 1926.
L’Annunciazione è documentata per la prima volta nella chiesa di San Francesco in Pienza (Fig. 3) ancora nel 1712-1724, quando furono costruite due nicchie, oggi perdute, per ospitare l’Angelo e la Vergine, allora posti su piedistalli (Nota 19). Subito dopo la soppressione del Convento di San Francesco (1788), il vescovo Giuseppe Pannilini trovò una nuova collocazione al di fuori delle mura della città di Pienza, in una cappella che apparteneva all’amministrazione diocesana. Questa fu acquistata, insieme a tutti gli arredi, dalla famiglia Fregoli alla fine del 18° secolo (Nota 20).
Intorno al 1925 l’Annunciazione (ancora di proprietà dalla famiglia Fregoli e conservata nella loro casa in Piazza Dante Alighieri a Pienza) attirò l’ attenzione del mercante d’arte locale Mario Marianelli. Riconobbe il valore delle sculture, che uno dei proprietari aveva a lungo ritenuto adatte solo come legna da ardere, e provò a comprarli per 5.000 lire l’una (Nota 21). Tuttavia, nel 1926 la famiglia Fregoli riuscì a vendere l’Annunciazione per un prezzo molto più alto (135.000 lire) a Icilio Federico Ioni, il famoso ‘pittore di quadri antichi’ senese, che era ben inserito nel mercato internazionale delle opere d’arte e si occupava non solo di dipinti di antichi maestri (sia originali che falsi), ma anche di scultura. In un primo momento conservò l’Annunciazione nella sua casa a Siena, ma ben presto si trasferì a Firenze, dove le sculture furono acquistate e restaurate dal mercante d’arte Elia Volpe (Nota 22).
Come è documentato dalle foto prima del restauro (una volta presenti nell’archivio privato di Ioni; Figg. 4, 5), l’ Annunciazione era allora in pessimo stato di conservazione. Inoltre differiva alquanto dall’aspetto attuale. Durante i lavori di restauro la Vergine fu completamente ridipinta, furono rifatte due dita perdute della mano destra e soprattutto fu modificata la composizione in quanto l’avambraccio sinistro fu avvicinato al corpo e fu completato dal libro tenuto in mano (fig. 6). Anche l’Angelo fu ridipinto e rinnovato, con nuove parti (il mignolo della mano destra, alcune parti della mano sinistra, un grande paio di ali aggiunte al posto di quelle perdute, così come un moderno giglio nella mano sinistra (Fig. 7, Nota 23).
Nel 1917, nonostante l’opposizione di Pèleo Bacci (allora Soprintendente alle Belle Arti di Siena), Volpi ottenne il permesso di esportare le sculture fuori dall’Italia (incredibilmente, in cambio di un mobile del 16° secolo destinato al Museo di Villa d’Este a Tivoli), esibendo l’Annunciazione come opera di Andrea Pisano nella sua galleria di Nuova York (Nota 24). Subito dopo le sculture entrarono a far parte della collezione Goudstikker di Amsterdam, dove furono attribuite prima ad Andrea Pisano (1930) e poi al figlio Nino Pisano (1934), prima che Bacci li riconoscesse come del Valdambrino (Fig. 8. Nota 25). Nel 1952 l’ Annunciazione passò nelle Collezioni statali olandesi dell’Aia. Entrata nel Rijksmuseum nel 1960, quando nel 1972 fu restaurata, la nuova posizione dell’avambraccio anteriore sinistro della Vergine, il libro in mano e la ri-verniciatura furono lasciati come erano (Nota 26).
Data, provenienza e funzione
Negli studi sul Valdambrino l’Annunciazione di Amsterdam è generalmente collegata con quella del Museo di Arte sacra di Asciano (Figg. 9, 10). Tuttavia, un confronto tra i due gruppi mostra un’evidente differenza di stile: le figure in quest’ultimo si distinguono per gli elementi naturalistici (tratti realistici e posizioni nello spazio) paragonabili a quelli dei Santi Patroni scolpiti da Francesco nel 1409, (vedi Figg.11, 12), mentre le figure di Amsterdam mostrano elementi stilistici derivati da una conoscenza dell’opera di Jacopo della Quercia e soprattutto di Domenico di Niccolò.
La forma leggermente allungata della Vergine ricorda – anche grazie alla modifica dell’avambraccio sinistro – l’Annunciata scolpita da Jacopo della Quercia nel 1421-1426 per la Collegiata di San Gimignano (Siena), anche se Francesco non è riuscito a dare alla figura l’elegante torsione del corpo e del panneggio (vedi Figg. 13, 14. Nota 27). Affinità con lo stile di Domenico di Niccolò si riconoscono non solo nella posa statica della Vergine, ma anche nel panneggio di entrambe le figure con le loro rigide pieghe verticali simili alle opere di Domenico del periodo 1415 – 1425, come Maria dolente e San Giovanni nel Museo dell’Opera di Siena, l’Annunciazione nel museo del Louvre e il San Leonardo nel Museo diocesano di Pienza (Fig. 15, Nota 28).
Le figure di Amsterdam mostrano somiglianze stilistiche con l’Annunciazione di Francesco ora nello Staatlichen Museen di Berlino (Fig 16, 17). E, malgrado il diverso soggetto, anche con il San Pietr realizzato dal Valdambrino nel 1423 per Montalcino (Fig. 18). Le ampie arcate delle sopracciglia, l’espressione solenne ma attonita dell’Angelo, i solchi profondamente intagliati delle parti inferiori dei panneggi e dei capelli, contraddistinti da grosse ciocche come nella barba di San Pietro (Figg. 18, 19), sono tutti molto simili. In considerazione di tutti questi elementi, ed in particolare del legame con il San Pietro, l’Annunciazione va datata intorno al 1423, quando il Valdambrino era ancora sotto l’influenza dell’arte di Domenico di Niccolò, così come l’ Annunciazione che Jacopo della Quercia iniziò a intagliare nel 1421 per San Gimignano.
La posizione originale dell’Annunciazione di Amsterdam non è certa, anche se è possibile che sia stata realizzata per la chiesa di San Francesco a Pienza. Purtroppo però, i documenti originali relativi alla vita del monastero fra il XIII e il XVI secolo sono stati persi durante il periodo chiamato ‘guerra di Siena’ (1554 – 1559), quando Pienza fu occupata e pesantemente danneggiata dalle truppe della Francia e di Carlo V.
Secondo la tradizione la chiesa e il monastero di San Francesco furono fondati tra il 1250 e l’inizio del XIV secolo. La chiesa fu costruita nello stile architettonico tipico degli ordini mendicanti e già all’epoca del Valdambrino ospitava numerose opere d’arte (il Crocifisso di Segna di Bonaventura ora nel museo locale, il ciclo di affreschi di Cristoforo di Bindoccio e di Meo di Pero nel coro, ecc.). Insieme all’antica Pieve romanica dei Santi Vito e Modesto, che si trovava fuori dalle mura, era la chiesa più importante della città. Quindi non sorprende che un’Annunciazione sia stata commissionata per questa chiesa. Però le sculture potrebbero essere state portate lì anche da altre località, forse in conseguenza delle circostanze che videro il monastero dapprima soppresso dal vescovo Giovanni Spennazzi (1653) e poi riaperto da papa Alessandro VII (1659) (Nota 29).
Inoltre, è importante rendersi conto che questa Annunciazione non è l’unica del Valdambrino documentata in una chiesa francescana: la prima Annunciazione nel Museo Nazionale di San Matteo a Pisa proviene dalla chiesa di San Francesco sempre a Pisa (Nota 30); l’Annunciazione del Museo di Arte sacra di Asciano fu conservata a lungo nella locale chiesa di San Francesco (Nota 31); l’Annunciazione più tarda, ora nella chiesa di Santa Maria di Vitaleta a San Quirico d’Orcia, fu scoperta prima del 1948 in un locale sopra la chiesa, che un tempo apparteneva a un monastero francescano (Nota 32). Tuttavia, non vi è alcuna documentazione che dimostri che queste fossero le posizioni originali delle sculture, quindi è impossibile affermare che vi fosse un rapporto di patronato tra l’Ordine di San Francesco e Francesco di Valdambrino.
Inoltre nell’area senese l’Annunciazione era un soggetto molto popolare per la pittura e la scultura nel corso dei secoli XIII-XVI. Essa era legata ad una delle festività più importanti della città stato di Siena, che si celebrava il 15 marzo, la festa dell’Annunciazione, davanti al grande Ospedale di Santa Maria della Scala, e segnava l’inizio dell’anno nel calendario allora in uso (Nota 33).
Anche se non sappiamo chi abbia commissionato questa Annunciazione e dove fosse originariamente collocata, è possibile immaginare la sua funzione. Nei secoli XIV-XVI coppie simili di sculture, realizzate in legno o in pietra, erano utilizzate all’interno delle chiese solo in due modi diversi: o poste sull’altare come immagine di culto (Fig. 20), come la trecentesca Annunciazione sull’altare maggiore della chiesa di San Giusto al Tiglio presso Barga, Lucca (Nota 34), o per affiancare una pala d’altare (come l’Annunciazione del XIV secolo attribuita a Domenico d’Agostino e Angelo di Nalduccio già nella chiesa di Sant’Agostino in Montalcino e ora nel museo locale) o uno spazio architettonico (come l’Annunciazione scolpita dal Valdambrino nel 1410-1411 e collocata all’interno di due nicchie nei pilastri che dividono la sacrestia del Duomo di Siena), o come oggetto di venerazione o come elemento decorativo (Nota 35). L’Annunciazione ora ad Amsterdam fu sicuramente ordinata per uno di questi scopi e in occasione di particolari feste religiose le figure venivano probabilmente adornate con abiti e oggetti preziosi, secondo una pratica comune ben documentata per molti gruppi simili fino ai tempi moderni (Nota 36).