Cosimo Rosselli, Adorazione del Bambino con due Angeli e San Giovannino
Scheda dell’Opera da: Cosimo Rosselli, Catalogo Ragionato, di Edith Gabrielli, 2007
Il tondo, sicuramente destinato alla devozione domestica, passa in successione nelle mani di H. Grundhas a Me naco e di Julius Wilhelm Edwin vom Rath ad Amsterdam, il quale nel 1941 lo lascia al Rijksmuseum. La Madonna con le mani giunte prega in ginocchio dinanzi al Bambino che, adagiato su un lembo del suo manto e una fascina di paglia, è retto da un angelo alato. A sinistra, un secondo angelo presenta san Giovannino, ugualmente in ginocchio e con la croce astile in mano. La scena si svolge su un prato disseminato di piante, fiori e paglia, davanti alla capanna della quale si scorge una delle colonne e parte del tetto in paglia: al suo interno vi è san Giuseppe in ginocchio, con il bastone e la borraccia. Sullo sfondo si apre un paesaggio con colline, costruzioni turrite e un fiume.
La tavola è costituita da assi assemblate orizzontalmente. Nel 1974 Van Os e Prakken registrano incrinature sulla superficie pittorica lungo le giunture, una serie di ridipinture, concentrate specie sul manto della Madonna e sulla manica della tunica di Giuseppe, e numerosi ritocchi al di sopra della vernice. Nel 1991 il pezzo viene giudicato bisognoso di un intervento di consolidamento e perciò trasferito nei depositi. L’opera è assegnata a Rosselli da Berenson (1932; 1936; 1963), seguito da tutta la critica successiva. Blumenthal (2001) propone di collocarla intorno al 1500. In realtà, come giustamente osservano Van Os e Prakken (1974), la datazione più corretta è ai primi anni novanta, subito dopo la pala Salviati .
Nel tondo Cosimo guarda con attenzione il trittico Portinari di Hugo van der Goes (Firenze, Galleria degli Uffizi), arrivato a Firenze già nel 1483, dal quale deriva la ricchissima varietà di piante, il particolare dei fili di paglia sparsi sul terreno e soprattutto l’inedito trattamento «fotografico» delle superfici. Contestualmente l’artista rivela però di avere dinanzi agli occhi anche la prima risposta locale al capolavoro fiammingo, ossia l’«Adorazione dei pastori» di Domenico Ghirlandaio in Santa Trinità, cui rimandano alcuni particolari iconografici come la colonna posta a sostegno del tetto.