DONATELLO
di Alessandro Conti
Da: Artisti del Quattrocento a Firenze
Octavo, Franco Cantini Editore, Firenze 1998
Donatello nasce nel 1386 da un cardatore di lana, non appartiene, quindi, al patriziato come Filippo Brunelleschi, figlio di un notaio; la sua formazione avviene a contatto col Ghiberti del quale è aiuto nei lavori della Porta Nord. Recentemente l’indagine fra le terracotte di stile ghibertiano ha fatto proporre una prima attività di Donatello in quest’ambito con opere che si davano a Nanni di Bartolo, mostrando un’arte che si sviluppa in parallelo alla maturazione di Nanni di Banco, la principale figura di scultore in marmo di questi anni.
La maturazione in senso rinascimentale di Donatello avviene con l’avvicinamento al Brunelleschi col quale collabora nel 1415. Quell’anno stesso un nuovo stile caratterizza il San Giovanni Evangelista della facciata del Duomo, poi il San Giorgio per Orsanmichele, dove il bassorilievo del basamento con San Giorgio che libera la principessa rivela una piena presa di coscienza dei problemi della prospettiva maturati in ambito brunelleschiano.
La versatilità e la genialità di Donatello rendono estremamente difficile la ricostruzione della sua attività non appena vengano meno i ricordi documentari: resta incerta la cronologia di opere come la decorazione della sagrestia Vecchia di San Lorenzo o L’Annunciazione Cavalcanti. Come rievocava efficacemente Roberto Longhi, Donatello “faceva suo, a volta a volta, quel che spirasse nell’aria dell’anno nuovo: ora classicista, ora orrendamente naturalista, ora terribilmente plastico; e sempre con genio, e alla prima”.
Sono così possibili le incertezze di data fra gli anni prima o dopo il lungo soggiorno padovano di Donatello (dal 1443 al 1454) che hanno caratterizzato gli studi sul Davide in bronzo o sull’Amore-Atys.
Al ritorno in Toscana Donatello resta ancora assente da Firenze per alcuni anni lavorando prevalentemente per il Duomo di Siena. Per l’esecuzione delle ultime opere fiorentine fu determinante l’intervento di Cosimo il Vecchio dei Medici; secondo il ricordo di Vespasiano da Bisticci: “a fine che Donatello non si stesse, gli allogò certi pergami di bronzo per Sancto Lorenzo”. E con opere come la Giuditta o questi pulpiti si chiude l’attività di Donatello il quale muore il 13 dicembre 1466.
La sua scultura, conserverà un valore esemplare ancora nel Cinquecento, come non accade per nessun altro artista del XV secolo: lo stesso stilismo del Rosso Fiorentino non si comprenderebbe senza lo studio di Donatello. Il problema di un grande artista che rompeva il suo disegno storico di progresso dell’arte affascinava il Vasari, che riporta un distico greco che si può tradurre “O Donato buonarroteggia / o il Buonarroti donateggia”.
Duomo
Porta della Mandorla
Posta lungo il lato settentrionale del Duomo la porta prende il nome dalla Mandorla in cui è inserita la Vergine Assunta nel bassorilievo di Nanni di Banco (messo in opera dopo la sua morte, tra il 1422 ed il ’23) che ne corona il timpano. Negli ultimi anni del Trecento la decorazione della porta aveva costituito il cantiere che permette meglio di verificare la temperie artistica fiorentina, con elementi gotici ed atteggiamenti all’antica, come nelle due belle statue con la Vergine e l’Angelo annunziante che si trovano oggi nella sala dell’altare d’argento nel museo dell’Opera del Duomo, e che hanno avuto le più varie attribuzioni (Giovanni d’Ambrogio, Jacopo di Pietro Guidi, Jacopo della Quercia, Brunelleschi…).
Il grande bassorilievo di Nanni di Banco concludeva una seconda fase dei lavori e la sua scomparsa fece passare a Donatello la commissione delle mezze figure con un Profeta ed una Sibilla inserite fra il timpano ed i due pinnacoli laterali, eseguite nel 1422 ed una delle poche opere documentate di questi anni.
La discussione sulla paternità dei due profeti [già] posti sui pinnacoli ai lati dell’Assunzione (rimossi per restauro) è lunga e controversa; attualmente solamente quello di sinistra (un Angelo annunziante ?) viene riferito ad un momento vicino al Davide in marmo.
Interno
In un’edicola cinquecentesca nella prima campata della navata sinistra si trova il Giosuè (1418-1421) finito da Nanni di Bartolo ed il cui volto fortemente espressivo è stato tradizionalmente identificato con quello di Poggio Bracciolini.
Battistero
All’interno del Battistero si trova il sepolcro dell’antipapa Giovanni XXIII, Baldassarre Coscia, realizzato da Donatello e da Michelozzo avvalendosi del vano fra due colonne, coerentemente all’imposizione che la tomba fosse “breve et honestissima”. Si hanno notizie sui lavori al monumento fra il 1424 ed il 1427. A Donatello viene attribuita la figura giacente in bronzo; per l’esecuzione delle figure in marmo, oltre a Michelozzo, viene proposto anche Pagno di Lapo Portigiani.
Campanile
Nelle nicchie si trovano calchi o copie delle statue in marmo rimosse nel 1940 ed esposte presso il museo del Duomo: Lato Ovest: 1) San Giovanni Battista, Nanni di Bartolo, 1419-20. 2) Abacuc (lo”zuccone”, cioè calvo), Donatello, tra il 1427 ed il ’36. 3) Geremia, Donatello, 1423-26 o 1427-35. 4) Abdia, Nanni di Bartolo, 1422. Lato Est: 5) Profeta, Donatello, 1415-20. 6) Profeta, Donatello (1408-1409) o Nanni di Bartolo (1422). 7) Abramo ed Isacco, Donatello e Nanni di Bartolo, 1421. 8) Profeta, Donatello, 1415-20.
Museo dell’Opera del Duomo
Tra i frammenti di marmi nel lapidario al pianterreno, si conserva, un po’ dimenticato, il bassorilievo con Cristo Deposto (1408) proveniente dalla Porta della Mandorla, di stile e tipologia vicini al Crocifisso di Santa Croce di cui ha seguito le recenti vicende attributive.
Nella sala dedicata alle sculture dell’antica facciata del Duomo si trova il San Giovanni Evangelista: una delle quattro statue in marmo per l’antica facciata del Duomo, commissionate nel 1408 e collocate nel 1415. Destinata ad una visione dal basso, la figura è leggermente deformata dando maggior slancio al busto del santo, il suo inserimento in una nicchia giustifica l’esecuzione molto schiacciata ed inclinata (quasi si trattasse di un bassorilievo) della parte superiore della figura. Delle statue che l’accompagnavano la più importante è la bella figura di San Luca di Nanni di Banco, mentre si deve a Niccolò di Pietro Lamberti il San Marco ed il San Matteo fu commissionato in un secondo momento a Bernardo Ciuffagni.
Su due mensole nel vano delle scale si trovano le due statuette di Profeti di stile ancora gotico recentemente attribuite a Donatello, collocate sulla porta del Campanile nel 1431, e probabilmente eseguiti per la Porta della Mandorla nel 1406.
La grande sala al primo piano accoglie le cantorie e le sculture tolte dalle nicchie del Campanile. Per la loro ubicazione originale vedi la numerazione a p. 62 a cui si fa rimando. Le statue provenienti dal lato Est si trovano, disposte secondo la posizione originale, a destra entrando; analoga è la disposizione che hanno sulla parete di fronte quelle dal lato Ovest.
La più antica è il Profeta (6) di gusto ancora ghibertiano che è stato a lungo attribuito a Nanni di Bartolo, mettendolo in rapporto a documenti del 1422. L’attribuzione a Donatello si lega alla sua identificazione con un Davide del 1408-1409 destinato agli sproni della cupola. La datazione delle altre statue oscilla tra estremi abbastanza ampi; due profeti non identificati provenienti dal lato Est (5 ed 8; datati tra il ’15 ed il ’20) sembrano ormai coevi od appena posteriori al San Giorgio, mentre un punto di riferimento sicuro nella cronologia donatelliana è costituito dall’Abramo ed Isacco (7) del 1421, al quale collabora con Nanni di Bartolo l’autore del San Giovanni Battista (1, 1419-20) e dell‘Abdia (4, 1422). Nel 1423 Nanni si trasferisce a Venezia dove lavorerà al cantiere di San Marco introducendo stilemi donatelliani nel Veneto ma recuperando anche forti cadenze gotiche.
I due famosi capolavori donatelliani provenienti dal Campanile sono però le due statue talmente caratterizzate da sembrare ritratti: l’Abacuc (2) (lo”zuccone”, cioè calvo; datato tra il 1427 ed il ’36) ed il Geremia (3, 1423-26, oppure 1427-35), di un’espressività ed una forza di caratterizzazione che va oltre le stesse esperienze masaccesche.
Sulla parete di fronte all’ingresso è montata la Cantoria che in origine si trovava al di sopra della porta della Sagrestia dei Canonici. L’allogazione della fine del 1433 prevedeva un compenso di 40 fiorini per ogni “tavola” di marmo; sino a 50 se la qualità del lavoro fosse stata superiore a quella di Luca della Robbia, che si prendeva quale esempio. Donatello eseguì invece un fregio continuo di putti danzanti, con decorazioni arricchite di mosaici e dorature, rivelando un’attenzione singolare per motivi decorativi di carattere acremente espressivo tratti anche dall’arte etrusca; il lavoro fu concluso con le due teste in bronzo nel 1439. L’opera del Duomo ne calcolò il costo in 896 fiorini.
Il Vasari, a confronto della finitezza della cantoria di Luca della Robbia, interpreta lo stile di Donatello in chiave cinquecentesca, apprezzandone il “giudizio” nel saper prevedere la visione da lontano a cui la cantoria era destinata e lasciando la superficie dei bassorilievi poco rifinita: “la sperienza fa conoscere che tutte le cose che vanno lontano… hanno più fierezza e maggior forza se sono una bella bozza che se sono finite; et oltre che la lontananza fa questo effetto, pare anco che nelle bozze molte volte, nascendo in un subito dal furore dell’arte, si sprima il suo concetto in pochi colpi, e che per contrario lo stento e la troppa
Sotto la cantoria è esposta la Maddalena in legno policromo e dorato, proveniente dal Battistero, opera di forte espressività databile dopo il ritorno da Padova.diligenza alcuna fiata toglia la forza et il sapere a coloro che non sanno mai levare le mani dall’opera che fanno
Orsanmichele
L’ultima nicchia su Via Lamberti per chi venga da Via Calzaioli, è quella dell’Arte dei Linaioli ed accoglie il San Marco di Donatello, commissionato nel 1411, al quale egli lavorava ancora due anni dopo; è una delle prime opere in cui sperimenti uno stile non più gotico, anche se non sembra maturato il rapporto col Brunelleschi che si incomincia ad intravedere sul ’15.
Nel pilastro centrale su Via Calzaioli si apre il solo tabernacolo “all’antica” di Orsanmichele, quello fatto costruire dalla Parte Guelfa per il San Ludovico di Tolosa di Donatello e che ospita l’Incredulità di San Tommaso del Verrocchio. Il tabernacolo viene datato verso il 1423-25, e la sua architettura si differenzia in senso brunelleschiano da quelle più tipiche di Donatello. Si notino i due bellissimi Geni in basso rilievo nei pennacchi dell’edicola.
La serie dei tabernacoli su Via Orsanmichele inizia con quello dell’Arte dei Beccai, di struttura molto tradizionale; l’interno della nicchia è però arricchito da commessi in marmi policromi dagli effetti illusionistici che è difficile non mettere in rapporto col Brunelleschi. La statua di San Pietro è attribuita a Donatello già dalle fonti quattrocentesche, paternità messa in discussione per le palesi incongruenze col San Marco; l’attribuzione resta un problema aperto per la cui soluzione non si deve escludere un rapporto col Brunelleschi.
L’ultimo pilastro su Via Orsanmichele accoglie il tabernacolo che la Compagnia dei Laudesi fece costruire nel 1402 per venderlo in seguito all’arte che ne fosse stata interessata. Donatello lo adattò per l’Arte dei Corrazzai e Spadai al San Giorgio inserendovi il bassorilievo nella cuspide e sostituendo al vecchio gradino il San Giorgio che libera la principessa. Per l’inizio dei lavori orienta l’acquisto del marmo nel 1416. La statua fu portata nel Museo Nazionale nel 1891, sostituendola con una copia in bronzo. Dal 1976 si trova un calco anche al posto del bassorilievo del basamento, portato pure al Bargello. Resta la figura dell’Eterno nella cuspide, probabilmente, la prima parte eseguita del tabernacolo.
Lungo Via Orsanmichele si trovano anche i due tabernacoli con statue di Nanni di Banco, quello dell’Arte dei Calzolai (San Filippo, databile fra il 1410 ed il 1415) e l’altro famoso dei Maestri di pietra e legname con le statue dei Quattro santi coronati ed il bassorilievo con I santi al lavoro che ricorda tecniche e strumenti (il trapano, etc.) degli scultori dell’inizio del Quattrocento.
Delle opere di Nanni la più significativa per apprezzarne il classicismo di impronta ancora medievale è il tabernacolo dell’Arte dei Maniscalchi su Via dell’Arte della Lana, con la statua di Sant’Eligio ed il bassorilievo con la bellissima figura del cavallo attorno al quale avviene il miracolo del santo che stacca e riattacca miracolosamente l’intera zampa [tutte le sculture citate in questo paragrafo sono state trasferite o sono in via di trasferimento nel salone del secondo piano di Orsanmichele, adibito a museo].
Bargello
Il Museo Nazionale del Bargello dal 1874 raccoglie le sculture donatelliane che facevano parte delle collezioni granducali, ed è il museo dove l’attività del grande scultore si segue meglio in tutto il suo percorso, specificatamente attraverso i bronzi che, già presenti nelle collezioni medicee nel Quattrocento, furono poi raccolti da Cosimo I sulla scia della fortuna ancora vivissima di cui Donatello godeva nel Cinquecento. A questo nucleo si sono aggiunte altre opere, maggiori e minori, che permettono uno splendido sguardo di insieme sul maestro, la sua bottega ed i suoi allievi.
Raccolte tutte nel salone al primo piano, seguiamo le opere di Donatello in ordine cronologico. Un primo nucleo lo mostra prima del 1420: Davide in marmo: eseguito per il Duomo è stato identificato con la statua eseguita per gli sproni della Cupola tra il 1408 ed il 1409 o con un’altra statua dello stesso soggetto del 1412. Resta la prima opera di Donatello la cui attribuzione non sia mai stata messa in discussione. Nel 1416 il Davide fu acquistato dalla Signoria inaugurando la serie delle statue di eroi del Vecchio Testamento e della mitologia che, trionfando sul male, si prestavano ad una simbologia politica. Restaurato al momento del trasferimento da Donatello stesso, la testa di Golia e le mani del giovane eroe appaiono rielaborate dal maestro ad una data probabilmente ancora più tarda.
San Giorgio: è la statua (ca. 1417) di cui si sono ricordate le vicende nel suo contesto di origine, Orsanmichele. La figura era completata in origine da un elmo in bronzo e da una spada impugnata nella mano destra fornite dall’Arte dei Corazzai che aveva il patronato della nicchia di Orsanmichele. Dal 1976 si trova qui anche il bassorilievo del basamento con San Giorgio che libera la principessa la cui sperimentazione prospettica ne fa un’esperienza pilota nell’ambito della “perspectiva artificialis”. Marzocco: scolpito fra il 1418 ed il 1420 era destinato all’appartamento papale predisposto dalla Signoria per ricevere Martino V nel convento di Santa Maria Novella.
Del momento in cui l’espressività donatelliana trova una nuova strada, diversa dai ritmi gotici che caratterizzano ancora il San Giorgio od il Marzocco (il momento che si segue così bene dalle statue del Campanile), al Bargello esiste solamente il ritratto detto di Niccolò da Uzzano in terracotta policroma, destinato ad essere esposto lungo un piano inclinato (come quello di una cappa di camino) probabilmente entro un clipeo. Il busto ha suscitato più volte perplessità, portando anche a qualche attribuzione peregrina che ne dimenticava lo stesso carattere donatelliano.
Anche altre opere sono state riferite al periodo anteriore alla partenza per Padova del 1443, ma adesso si tende a datarle dopo il ritorno dall’Italia settentrionale:
La Crocefissione in bronzo: talvolta messo in discussione è un bassorilievo in bronzo ageminato in oro ed argento che si può datare subito dopo il ritorno di Donatello da Padova (1454-’56).
Davide in bronzo: abbiamo una sua prima notizia certa nel 1469, in occasione delle nozze di Lorenzo dei Medici. La scultura si trovava nel cortile di Palazzo Medici sopra una base (perduta) di Desiderio da Settignano, e tolte insieme nel 1495 per portarle in Palazzo Vecchio, dove il “Davide” si prestava alla lettura come simbolo di libertà repubblicana. L’iconografia della statua è stata messa spesso in discussione, individuandovi un Mercurio vittorioso su Argo, ribadendo, con ciò, il rapporto con una cultura neoplatonica quale Donatello incontrò negli ambienti medicei al ritorno da Padova.
Amore-Atys: è ricordato dal Vasari in casa Doni come un “Mercurio di metallo… vestito di un certo modo bizzarro, il quale è veramente bellissimo”; la figura è stata interpretata secondo le più varie letture iconologiche: Amore libero dalle pene, Priapo, faunetto etc. La datazione è probabilmente tarda, vicina al Davide in bronzo. San Giovanni Martelli: tradizionalmente era uno dei marmi più famosi di Donatello; è stato attribuito a Desiderio da Settignano da grandi studiosi come Leo Planiscig e Jeno Lanyi, mentre il Janson l’ha reinserito nel corpus donatelliano. Il problema è complesso ed affascinante ed una risposta implica una visione di insieme sulla personalità dei due artisti; si tratta cioè di un Donatello sempre espressivo ma volto alla raffigurazione di una figura più gentile, quella del giovinetto eremita, o non di un Desiderio che si compiaccia di una modellato più marcato, meno modulato di quello che gli è abituale?
Delle opere di attribuzione meno sicura la più importante è il cosiddetto Busto Platonico, un busto di giovane in bronzo caratterizzato da un medaglione sul petto con il carro dell’anima, soggetto dalle ovvie implicazioni platoniche. L’interpretazione di questo particolare impone una datazione dopo il ritorno da Padova, se non il riferimento a date non più compatibili con l’esecuzione donatelliana. La “testa barbuta” è invece un bronzo dallo stile fortemente espressivo che, qualora si dia a Donatello, si può mettere in rapporto con le porte in bronzo della sagrestia di San Lorenzo.
Alcuni bronzi (Crocefissione, placchette con putti, la Battaglia di cavalieri) ricordano lo stile fortemente all’antica di Bertoldo di Giovanni (ca. 1420-1491), collaboratore di Donatello nei pulpiti di san Lorenzo e poi scultore di fiducia di casa Medici, è ben noto come custode del giardino di San Marco allo studio delle cui anticaglie era stato ammesso il giovane Michelangelo.
San Lorenzo
Si sono visti nel contesto dell’architettura brunelleschiana i bassorilievi e le porte in bronzo della Sagrestia Vecchia (vedi p. 37), anteriori alla partenza per Padova. Le opere che caratterizzano gli ultimi anni di Donatello sono invece i due pulpiti in bronzo, iniziati fra il 1461 ed il ’64 e montati, solamente nel XVI secolo, in fondo alla navata centrale.
Nel pulpito posto a Sud (a sinistra di chi percorra la navata) abbiamo: Orazione nell’Orto (verso la navata sinistra), Cristo davanti a Caifa e Pilato (di lato), Crocefissione, Deposizione dalla Croce, Seppellimento. Sono completamenti seicenteschi la Flagellazione ed il San Giovanni Evangelista in legno dipinto a finto bronzo.
Nel pulpito Nord: Le Marie al Sepolcro (di lato a sinistra), Discesa al Limbo, Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Martirio di San Lorenzo (datato 15 giugno 1465). Sono completamenti seicenteschi in legno il Cristo deriso ed il San Luca.
La discussione su questi bassorilievi è molto complessa: si tratta infatti di metterli in rapporto ad una bottega di cui facevano parte collaboratori come Bertoldo ed il padovano Bartolomeo Bellano, figure che sicuramente hanno avuto un ruolo nell’elaborazione delle stesse composizioni. Ed il lavoro di rinettatura dei bassorilievi fu eseguito prima o dopo la morte di Donatello nel 1466? Mentre il Martirio di San Lorenzo può servire da guida per un bassorilievo interamente eseguito dal maestro, la Crocefissione sembra anche modellata da allievi; in quanto allo stile che i due principali collaboratori rivelano nel modo di trattare la superficie dei bassorilievi, l’Orazione nell’Orto rivela moduli che orientano sul Bellano, la Deposizione dalla Croce, ed il Seppellimento su Bertoldo.
Al di sopra del portale che mette in comunicazione la chiesa col chiostro si trova una cantoria decorata con marmi policromi e tessere di mosaico di gusto donatelliano. Viene messo in rapporto con la bottega di Donatello anche il sarcofago di Niccolò Martelli (dall’insolita forma di cesta) che si trova nella cappella del transetto sinistro presso l’Annunciazione di Filippo Lippi.
Palazzo Vecchio
Il gruppo in bronzo della Giuditta è stato recentemente portato all’interno di Palazzo Vecchio. È una delle poche opere che siano state concordemente riferite agli ultimi anni di Donatello, il gruppo era destinato “in orto Cosmi Medi[cil” del palazzo di via Larga; nel 1495 fu confiscato dalla Signoria; fu posto sulla Ringhiera di Palazzo Vecchio, poi sotto la Loggia dei Lanzi, divenendo da simbolo di temperanza (come suggeriva il basamento con bassorilievi di soggetto bacchico), allusione a virtù repubblicane.
Santa Croce
Lungo la navata destra si incontra l’Annunciazione Cavalcanti, sul posto di una cappella della cui decorazione facevano parte anche l’affresco di Domenico Veneziano (oggi nel Museo dell’Opera di Santa Croce) e la predella di Giovanni di Francesco di Casa Buonarroti. L’Annunciazione, scolpita in “macigno” e lumeggiata in oro, è variamente datata fra il 1428 ed il 1435.
Il Vasari fa notare che col modo in cui aveva saputo “cercare l’ignudo delle figure” Donatello era stato capace di “scoprire la bellezza degl’antichi, stata nascosta già cotanti anni”. Anche la straordinaria ricchezza del tabernacolo non manca di affascinarlo, ammirandone i putti in terracotta “i quali pare che per paura dell’altezza tenendosi abbracciati l’uno l’altro si assicurino”.
Nella cappella in fondo al transetto sinistro si trova il Crocifisso in legno policromo (databile fra il 1406 e 1412), ricordato dal Vasari per la supposta gara che suscitò fra Donatello ed il Brunelleschi. L’attribuzione è stata messa in dubbio a favore di Nanni di Banco e la scelta fra i due maestri è legata alla ricostruzione cronologica della loro attività. È comunque questo il Crocifisso a cui le fonti si riferiscono come opera di Donatello; sotto alla pala con l’Incredulità di San Tommaso del Vasari sono stati trovati i resti dell’affresco di Bicci di Lorenzo che gli faceva da sfondo; ed è probabilmente di Bicci anche la policromia della statua.
Nel Museo dell’Opera di Santa Croce, entro un calco del tabernacolo di Orsanmichele a cui era destinato si trova il San Ludovico in bronzo dorato (1423-1425); la statua ornò a lungo il portale maggiore della vecchia facciata di Santa Croce, opera di interpretazione non facile, spesso considerata uno dei risultati meno felici del grande scultore.
Museo Bardini
Il museo raccoglie quanto restava alla scomparsa di Stefano Bardini (1923) della sua prestigiosa attività di antiquario. Delle opere donatelliane che fanno parte del museo la più importante è la Madonna col Bambino a mezza figura, capolavoro di cui Luciano Bellosi ha notato la vicinanza al San Giorgio di Orsanmichele. Altre opere sono invece esemplari della produzione in serie da stampi: una terracotta con la Natività a figure piccole, tra le invenzioni più felici del periodo in cui Donatello era legato a moduli ghibertiani; un altro bassorilievo con la Natività a mezze figure degli ultimi anni. Il bassorilievo definito impropriamente la Madonna dei cordai è di un allievo del periodo padovano ed è interessante per la tecnica mista che vi fu sperimentata.
Fondazione Romano
Le sole opere del periodo padovano di Donatello presenti a Firenze sono i due frammenti in pietra con mezze figure di santi ed ornati architettonici che fanno parte della bella collezione di sculture donata alla città da Salvatore Romano.
In Via Petrapiana, all’angolo con Via dei Pepi, si trova un piccolo tabernacolo con una Madonna in terracotta riferibile alla bottega di Donatello poco dopo il ritorno da Padova.