Ringrazio l’amico Paolo Tinghi, Presidente della Associazione Amici Villa Medicea, per averci cortesemente permesso di pubblicare il suo articolo su Claudia de’ Medici
(paolo pianigiani)
Claudia de’ Medici
Il ritratto alla Villa Medicea di Cerreto Guidi
di Paolo Tinghi
La Villa Medicea di Cerreto Guidi detiene una splendida collezione di opere d’arte, tutte collegate in qualche modo alla nobile casata dei signori e granduchi fiorentini. La famiglia Medici è il principale leitmotiv di questa prestigiosa raccolta artistica. Ci sono oggetti appartenuti ai Medici, ma soprattutto ci sono loro, i membri della famiglia rappresentati in tanti dipinti e in qualche busto scolpito.
Mentre si attraversano le sale della villa ci guardano dalle pareti e soltanto con la loro presenza ci aiutano a ricordare tanta della nostra storia, rendendola in qualche modo più concreta, anche se da alcuni degli avvenimenti che ci ricordano sono già passati almeno cinque secoli. Molti di questi ritratti rappresentano i personaggi più famosi della casata. C’è Cosimo I il granduca, la Moglie Eleonora di Toledo, molti dei loro figli fra cui anche i granduchi Francesco e Ferdinando, ma ci sono anche, se si può dire, personaggi minori, meno conosciuti, che spesso intrigano, proprio perché di loro si sa poco. Tra questi personaggi, che possiamo definire minori per un pubblico meno specificatamente preparato c’è per esempio il ritratto di Claudia de’ Medici. Il dipinto rappresenta una dama vestita di nero e con un velo parimenti nero sul capo. Che è una Medici forse si riconosce dalle labbra particolarmente pronunciate. In effetti si tratta dell’ultima figlia di Ferdinando I, terzo granduca di Toscana e di Cristina di Lorena, che lui aveva sposato, dopo essersi tolto le vesti cardinalizie, per diventare granduca.
Parlo di Claudia de’ Medici, perché il dipinto che la rappresenta detenuto dalla villa medicea di Cerreto Guidi è stato appena restaurato e quindi in questo periodo si trova al centro di una particolare attenzione. Del dipinto c’è poco da dire, perché in effetti si sa poco; è una pregevole opera di scuola fiorentina del XVII secolo, ma di autore ignoto.
A questo punto mentre si guarda il quadro non si può fare a meno di ricollegarlo alla persona che raffigura: questa Claudia addirittura la nona figlia di Ferdinando e di Cristina.
La sua vita è molto particolare e vale la pena di raccontarla almeno nei tratti salienti.
Nacque a Firenze nel 1604, non aveva ancora quattro anni ed era già promessa in sposa ad un giovanotto di un anno più giovane di lei, ma che era l’erede del ducato di Urbino in quanto figlio di Francesco Maria II Della Rovere e si chiamava Federico Ubaldo. L’anno dopo il padre di lei morì, ma l’impegno matrimoniale fu ribadito dal fratello Cosimo II con il fidanzamento ufficiale e i patti matrimoniali soprattutto relativi alla dote. Lei aveva cinque anni e lui quattro. Lei venne educata nel monastero delle murate, mentre a corte in ogni modo si cercava di tenere la sua attenzione fissa sul suo futuro destino di duchessa di Urbino. Le due corti ponevano attenzione che l’idea del futuro matrimonio si radicasse fin da subito nei due bambini e allora c’era un continuo scambio di doni, di oggetti che in qualche modo concretizzassero l’astratta visione della persona che sapevano di dover sposare, ma che non avevano mai visto. E naturalmente ci fu anche lo scambio dei ritratti con lui nelle vesti del cacciatore e lei che invece sembrava una piccola Diana.
Si incontrano per la prima volta a Firenze nel 1616 e non hanno ancora dodici anni. Grandi festeggiamenti a corte: lui si mostra molto preso, mentre lei fa la ritrosa.
Non si rivedono fino al 1621, sempre a Firenze, quando senza troppa pompa si sposano; il matrimonio non fu solenne perché Cosimo II fratello di lei e Granduca di Toscana era morto pochi mesi prima ed in più c’era rischio di epidemie in città e non erano quindi consigliati gli assembramenti di molte persone.
A quel punto a Claudia non rimase che partire per Urbino dove ne divenne la Duchessa.
Ben presto però Claudia capì che il marito non era affatto il giovane innamorato, che le era sembrato, ma si rivelò invece un personaggio rozzo ed irascibile, dedito a bagordi e a continue relazioni extraconiugali, con attrici e cortigiane, tanto che spesso ne andava anche del decoro della corte. Nonostante tutto in questo primo periodo di matrimonio nacque anche una figlia, quella Vittoria della Rovere, che poi andrà in sposa a Ferdinando II.
Ma nel giugno del 1623 dopo una notte brava, il duca di Urbino venne trovato morto nel suo letto e ci furono anche voci che si fosse trattato di una punizione medicea. Fatto sta che Claudia si ritrovò vedova e aveva solo 19 anni. Siccome non c’era una successione maschile, non ebbe scampo e dovette tornare a Firenze e fare vita claustrale in un convento come si conveniva all’epoca alle vedove di alto rango. Ma Claudia non ci sta e quindi si cerca di riaccasarla per frenare la sua voglia di divertirsi e per frenare, si dice, ma forse non è vero, la sua propensione ad avere molteplici sconvenienti relazioni.
L’occasione si presenta presto con l’arciduca d’Austria – Tirolo Leopoldo V, strettamente imparentato con la casa imperiale austriaca. Il pretendente ha qualche difetto: non è bello, un po’ grassoccio, e dedito soprattutto alla caccia, ma ha anche notevoli pregi: è un uomo maturo e assennato, è abbastanza colto e ha avuto esperienze di comando e di governo.
Dopo che i due si incontrano all’interno del monastero dove lei ufficialmente viveva, viene celebrato il matrimonio a Firenze per procura e immediatamente lei parte per Innsbruck con un folto seguito e quaranta carri di vesti, arredi ed arazzi. Inizia in Tirolo una nuova vita dove trasforma la quieta residenza del marito in una nuova dimora, piena di sfarzo, di gente, di artisti e di un seguito fatto venire appositamente da Firenze. I cortigiani tedeschi brontolano un po’ di tutto questo sfarzo, ma poi, sia pure mostrando sempre un po’ di contrarietà si adeguano.
Lei rimane subito incinta e in pochi anni nascono cinque figli, femmine e maschi e quindi è assicurata la successione.
Comunque, anche se il tipo di vita brillante che conduceva, poteva essere dispendiosa seppe incidere nella cultura nordica, fino al punto che il gusto nobile fiorentino venne recepito e assorbito nel contesto tirolese. Si devono a lei e alla sua sensibilità i restauri di tante dimore nobiliari e l’abitudine che si diffonde a vivere in interni più riccamente arredati e decorati. Si occupa anche di trovare architetti italiani in grado di provvedere alle fortificazioni della città.
Nel 1632 muore anche il secondo marito. Lei ha solo 28 anni ed è di nuovo vedova, ma questa volta è la madre di un erede al trono, e siccome è persona riconosciuta affidabile anche dalla corte di Vienna, viene investita di responsabilità di governo quale reggente. In queste vesti governa il Tirolo fino al 1646, quando il figlio esce dalla minore età.
È ancora dedita ad una certa ostentazione del lusso e quando si reca a Firenze per le nozze della figlia di primo letto col granduca, arriva con un seguito e con un lusso che sbalordisce tutti. A questo si aggiunge in lei anche un certo fanatismo religioso che la porta ad esasperare la frattura che si andava formando tra cattolici e riformisti ai margini del suo territorio.
Nonostante questo durante la sua reggenza pone la massima attenzione soprattutto a preservare i suoi territori dagli sconvolgimenti in atto per la guerra dei Trent’anni. Fu attenta al futuro dei figli e mentre avviò Francesco Sigismondo alla carriera ecclesiastica facendolo diventare vescovo di Augusta, riuscì a far sposare l’ultima figlia con l’imperatore d’Austria Ferdinando III. Naturalmente preferiva consiglieri italiani, ma comunque non volle mai affidare loro importanti incarichi politici, che invece furono privilegio di persone di lingua ed origini tedesche.
Il suo sforzo di governo fu tutto dedicato al bene di quello stato per lei straniero, che comunque voleva consegnare nelle migliori condizioni al figlio appena avrebbe raggiunto la maggiore età. Purtroppo il figlio non fu all’altezza della madre, tanto è vero che lei si occupò del governo anche dopo che lui le era subentrato. Ma durò poco perché nel 1648 all’età di 44 anni morì. Claudia ha lasciato in Tirolo tante tracce e ancora oggi è ricordata addirittura nel nome di molte strade e anche nel nome di molte scuole. Anche a Bolzano c’è un istituto superiore intitolato appunto a Claudia de’ Medici. E la fortificazione da lei voluta che chiude una valle di accesso al Tirolo da sempre si chiama chiusa Claudia.
Nel quadro di Cerreto Guidi è rappresentata giovane in vesti vedovili, ma l’espressione non è affatto sgomenta, anzi il suo sguardo appare pieno di forza, volitivo e appare quasi proiettato verso il futuro.
PITINGHI
Dal Bollettino n. 420 di LabArtArc