Rivalità di scuole e sentimenti:
un’interpretazione nuova
di Eike D. Schmidt
Ma è proprio vero che Vasari non amava gli artisti bolognesi o, quanto meno, gli artisti che ai suoi tempi erano attivi a Bologna? Se si rispondesse affermativamente, si rischierebbe di generalizzare,mentre l’atteggiamento del pittore e storiografo aretino nei confronti di quei suoi colleghi fu di natura molto più complessa. Occorre invece considerare con più attenzione due fattori principali.
In primo luogo, nella Vita di Bartolomeo da Bagnacavallo e d’altri Pittori Romagnuoli Vasari lancia i suoi strali sulla generazione di artisti attivi al momento del suo soggiorno bolognese nel 1539, mentre in seguito mostra di avere un atteggiamento assai diverso, in alcuni casi di decisa approvazione, verso la generazione successiva. In secondo luogo, al di là degli effettivi conflitti e delle rivalità che all’inizio lo contrapposero ai colleghi incontrati a Bologna, lo storiografo aretino in fondo si servì dei suoi passati rancori per mettere in atto un confronto evidentissimo tra la sua educazione professionale – che gli aveva consentito il salto qualitativo da pittore di provincia a pittore dei Medici – o, meglio ancora, tra la formazione degli artisti presso l’Accademia del Disegno, fondata a Firenze nel 1563, dunque a cavallo tra le edizioni Torrentiniana e Giuntina delle Vite, e la pratica di cantiere o la formazione autodidatta di alcuni “bolognesi”. Il rapporto di Vasari con Bologna, dunque, si evolve fortemente nel giro di trent’anni circa (dal 1539 al 1568), in un’epoca in cui cambia in modo radicale anche tutto il panorama artistico in Italia.
I due curatori della mostra, Marzia Faietti e Michele Grasso, hanno scelto di prendere avvio dalleVite per ricostruire quella rete di relazioni e intrecci, di pregiudizi reali ed equivoci intenzionali contenuti nei testi vasariani, illustrandoli e commentandoli con le opere dei protagonisti di quelle pagine. Parole e immagini, dunque, o, meglio, parole rilette alla luce delle immagini che a loro volta sono in grado di tracciare un nuovo testo, finora non scritto, ma sotteso al pensiero vasariano, anzi compreso al suo interno. I curatori si sono poi avvalsi della vasta competenza su Vasari storiografo di Fabian Jonietz, che nel suo saggio si sofferma sul peso e la consistenza degli artisti emiliani e romagnoli nel contesto delle Vite. Tra gli artisti, sono particolarmente privilegiati Amico Aspertini e Prospero Fontana, perché rappresentano, rispettivamente, l’avversione vasariana verso il primo, esponente a Bologna di una generazione di pittori del tutto privi di regole, e la riconciliazione dell’aretino con chi invece, come il secondo, seppe collaborare al suo fianco, spingendosi sino autilizzare suoi disegni per le proprie opere.
La mostra si avvale di pochi prestiti: l’intenzione è infatti di valorizzare i disegni e i dipinti già presenti nella collezione delle Gallerie degli Uffizi, e attraverso la loro guida visuale spiegare al visitatore il sofisticato discorso critico che ne costituisce il tema centrale. Da questo punto di vista la rassegna presenta anche nuovi risultati critici, tra i quali il confronto tra il ritratto disegnato di Giovanni Achillini detto il Filotèo, che qui si ascrive a Francesco Francia, e il ritratto dipinto del fratello di lui, Alessandro Achillini, dovuto ad Aspertini e nel 2009 acquistato dagli Amici degli Uffizi per le Gallerie.
Si evidenziano così le ragioni dell’originaria ammirazione nutrita da Vasari nei confronti del Francia, vecchio caposcuola bolognese, prima che a suo avviso venisse sconfitto dall’evidente superiorità di Raffaello, e si spiega la sua insofferenza verso la sprezzatura espressionista di Amico, di cui peraltro si espone un disegno inedito che, viceversa, potrebbe anche essere interpretato come un omaggio dell’irregolare pittore bolognese al colto collega aretino.
La mostra e il catalogo sono il risultato di un lungo percorso di studi: da un lato le ricerche condotte da Michele Grasso sul fondo dei disegni ascritti tradizionalmente a Vasari, dall’altro l’esercizio storiografico messo in atto da Marzia Faietti, con la rilettura critica di celebri brani vasariani che hanno condizionato l’interpretazione storico-artistica di diversi momenti e aspetti della storia dell’arte. Miriferisco, per citare un esempio che ha toccato proprio gli Uffizi, al concetto della mostra La rivincita del Colore sulla Linea. Disegni veneti dall’Ashmolean Museum e dagli Uffizi, aperta tra la fine del 2016 e gli inizi del 2017, dove l’analisi si concentrava soprattutto sull’ideologia che aveva portato alla condanna di artisti “veneziani” come Giorgione, Palma, Pordenone e altri ancora, reputati privi di disegno in un passo nella Vita di Tiziano del 1568. Questa avvincente revisione interpretativa di Vasari, densa dinovità e sorprese, continua ora nelle iniziative del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, portando l’attenzione su Bologna.